"IL PIANOFORTE". Guida all'ascolto della musica pianistica.
- Francesco Pellegrin
- 16 feb 2023
- Tempo di lettura: 1 min
"IL PIANOFORTE". Edizioni Curci, 2013. Collana "Lezioni private"
Autore: Roberto PROSSEDA
Prefazione di Ennio Morricone
Codice: EC 11697
Prezzo: € 19,00
ISBN: 9788863950472
In questo volume racconta con competenza e spirito divulgativo le personalità dei grandi compositori, offrendo al lettore una guida all’ascolto delle loro opere pianistiche più importanti ed eseguite nelle sale da concerto. I grandi capolavori che, nel corso dei secoli, hanno reso immortale la storia della musica e del pianoforte. Un racconto appassionante, ricco di notizie, aneddoti, curiosità, per scoprire tutti i segreti degli 88 tasti.
Nel cd allegato una selezione imperdibile delle pagine più belle per pianoforte, interpretate da solisti entrati nella leggenda.
Prefazione di Ennio Morricone
Nella storia dell’umanità sono stati inventati tanti strumenti musicali. Alcuni hanno avuto successo, altri si sono estinti. Di volta in volta la loro apparizione si è resa necessaria per permettere ai musicisti di esprimere una nuova creatività. Davvero “strumenti”, quindi, al servizio dell’arte e dell’uomo.
Un posto speciale, tra tutti, è occupato dal pianoforte. Inventato nel 1700 da un geniale artigiano italiano, Bartolomeo Cristofori, il pianoforte è stato capace di intercettare e soddisfare le esigenze dei compositori dell’epoca classica, romantica e moderna, e ancora oggi mantiene un ruolo da protagonista nella musica occidentale.
A distanza di trecento anni, l’importanza e la longevità del pianoforte sono testimoniate dal suo vasto e meraviglioso repertorio. Roberto Prosseda, che non è soltanto uno studioso ma anche un pianista attivo sulla scena internazionale, in questo agile manuale si fa carico di raccontarlo con competenza per condividerlo con i lettori, anche i meno esperti, con il nobile obiettivo di renderlo facilmente comprensibile da tutti.
Prima di visitare una città può essere utile leggere una guida turistica: al momento giusto aiuterà il viaggiatore a riconoscere quello che i suoi occhi vedranno per la prima volta. Allo stesso modo, chi leggerà questa guida al repertorio pianistico vivrà con maggior pienezza l’esperienza irrinunciabile dell’ascolto in concerto o su disco.
Non potevo fare a meno di scorrere la voce che Prosseda mi ha dedicato, e sono contento che abbia preso in considerazione sia la mia musica “assoluta”, sia quella per il cinema. Del resto, al di là di inutili barriere ideologiche, la vera musica è quella che sa coinvolgere appieno l’ascoltatore, trasformandosi in un’esperienza emotiva profonda, forte e commovente.
Ennio Morricone
Premessa - di Roberto Prosseda
L’obiettivo primario di questo libro è di offrire al lettore stimoli, informazioni e “sguardi sulla musica” per poter ascoltare il repertorio pianistico con maggiore consapevolezza e partecipazione emotiva. Ho sempre creduto che la missione di ogni musicista sia quella di condividere con il pubblico nel modo più completo ed efficace la bellezza e la poesia che si svela attraverso la grande musica. Il momento di massima comunicazione in questo senso è senza dubbio il concerto dal vivo, specie in quelle fortunate circostanze in cui si crea una naturale “simbiosi” tra interprete e ascoltatore, quando entrambi sono sulla stessa lunghezza d’onda. Non occorre essere esperti del settore: basta la predisposizione a saper cogliere la poesia di un’interpretazione, a saper “vedere” oltre lo strato sonoro superficiale di un capolavoro.
Nella mia personale esperienza concertistica ho spesso constatato che questa “simbiosi” si verifica molto più facilmente nei casi in cui parlo brevemente al pubblico prima di suonare, esponendo il mio personale punto di vista sui brani in programma, spiegando perché secondo me quel determinato brano è speciale, e dove potere scorgere la sua poesia. Ebbene, in questo libro ho cercato di fare esattamente la stessa cosa. Per ogni autore, per ogni singolo brano trattato, ho riportato il mio personale “sguardo”, unendo l’esperienza interpretativa “sul campo” con l’approfondimento del contesto storico e culturale che ogni interprete è portato a compiere durante lo studio del proprio repertorio. La presente guida all’ascolto si rivolge a tutti i tipi di lettori, anche a coloro che non hanno alcuna conoscenza della musica classica e che quindi temono di non essere in grado di capirla. Per questo ho cercato di mantenere un linguaggio semplice e privo di termini tecnici, senza però rinunciare a dare una visione articolata e precisa del mondo poetico di ciascun autore, così da rendere la lettura stimolante anche per i più competenti. Questa non è una storia della musica pianistica, né un catalogo del repertorio pianistico. Tuttavia, pur senza alcuna pretesa di completezza, sono presenti molti riferimenti al contesto storico e culturale in cui sono vissuti i principali autori. Di essi sono trattate tutte le composizioni pianistiche rilevanti, compresi i Concerti per pianoforte e orchestra e le musiche per duo pianistico. Per ovvie ragioni di spazio è stato necessario operare una drastica selezione all’interno della sconfinata produzione di musiche per pianoforte. Si è data, quindi, priorità alle composizioni oggi maggiormente presenti nel repertorio: non è necessariamente un criterio qualitativo, ma risponde all’esigenza pratica di un libro che nasce come uno strumento di consultazione, legato quindi all’effettiva disponibilità discografica e concertistica delle musiche trattate. Sono stato tentato di inserire le voci di alcune “leggende” del pianoforte jazz, come Bill Evans, Duke Ellington e Thelonious Monk, ma la loro grandezza artistica e la loro indubbia importanza storica non sono riflesse nelle (poche) composizioni pianistiche pubblicate, peraltro oggi quasi mai presenti in versione originale nel repertorio concertistico. Qualcuno, inoltre, potrà notare la mancanza di due o tre “pianisti-compositori” contemporanei che sono particolarmente di moda nel mercato discografico nazionale, e dunque oggettivamente presenti nell’odierno panorama pianistico italiano. A rigor di logica, avrei forse dovuto inserirli? Ho riflettuto a lungo su questo, discutendone approfonditamente con l’Editore. La mia decisione è stata di limitarmi alle composizioni pianistiche che abbiano lasciato un’impronta significativa nella storia del pianoforte e del linguaggio musicale. Ciò è cosa ben diversa dal vendere centomila copie di un disco nel 2011, o dall’effimero successo mediatico di un singolo pianista che suona la propria musica: quel successo è tributato più al personaggio o alla qualità intrinseca delle sue composizioni? Fino a quando le composizioni non vivranno di vita propria, ossia non saranno suonate e incise anche da altri, mi pare che il dilemma sia di facile soluzione. Sono per principio contrario agli steccati che separano artificialmente la musica “classica” da quella “leggera”: si tratta di etichette posticce e oggi prive di senso. Propendo, invece, per la classificazione proposta da Quirino Principe, che divide la musica in “forte” e “debole”. In questo libro prendiamo in considerazione la “musica forte”, ossia, come spiega Principe, quella «dotata della massima energia. Suscita traumi, estasi, sensazioni forti». Al contrario, «la “musica debole” si fonda – prosegue Principe – sulla ripetitività, sul sottofondo, su banali sensazioni». Il lettore noterà che spesso parlo di energia, di tensione musicale, di sbalzi emotivi: sono proprio questi gli stimoli percettivi che rendono la condivisione della musica un’esperienza intimamente coinvolgente. Con questo libro spero che almeno un lettore potrà scopre come “sentire” l’energia che si sprigiona dalla musica: e, quando lo avrà scoperto, difficilmente potrà più farne a meno.
Roberto Prosseda - Giugno 2013
Estratto
Isaac Albéniz (1860-1909)
Albéniz ha saputo tradurre in musica l’identità della cultura iberica: è riuscito ad assimilare e metabolizzare il patrimonio musicale della tradizione folclorica spagnola, filtrandolo attraverso la sua peculiare sensibilità. Sin da piccolo Albéniz ebbe occasione di viaggiare frequentemente all’estero, tenendo concerti pianistici come enfant prodige a New York, Cuba, Londra, Parigi. Studiò anche a Lipsia e Bruxelles: la sua formazione fu quindi molto articolata e cosmopolita e ciò si riflette nella ricchezza e complessità del suo linguaggio. Albéniz era un grande pianista, in grado di evocare alla tastiera profumi, suoni e colori della sua terra natia, focalizzando uno stile parzialmente influenzato da Debussy e Ravel, eppure assolutamente personale e sincero. La sua produzione per pianoforte è molto vasta e percorre tutto l’arco artistico dell’autore. I lavori giovanili già mostrano l’attitudine ad attingere ad elementi musicali e paesaggistici della Spagna per farli rivivere in “cartoline musicali” dal sapore nostalgico ed evocativo. È questo il caso delle due Suites Españolas, in cui anche i titoli dei singoli movimenti rimandano ad espliciti riferimenti geografici a regioni o città spagnole, come Granada, Sevilla, Cataluña, Asturias, Castilla. La prima Suite, composta tra il 1886 e il 1889, è apparsa nella sua versione definitiva solo nel 1912, dopo la morte dell’autore. La scrittura pianistica è qui ancora legata alla tradizione romantica e rimanda agli ambienti salottieri in cui il giovane compositore era solito esibirsi da adolescente. Nel 1890 Albéniz lascia la Spagna per trasferirsi a Londra e poi a Parigi, guardando quindi alla sua patria con maggior distacco e disincanto. Con il progressivo abbandono del concertismo, da bozzettista egli si trasforma in poeta e filosofo. La frequentazione di Fauré e Chausson e la conoscenza della musica di Debussy e Ravel lo aiutano ad arricchire la propria poetica di ulteriori colori e nuances, e ciò risulta evidente se si confronta Iberia (1905-1908) con i suoi lavori precedenti. Iberia è un vasto ciclo pianistico composto da dodici brani, raccolti in quattro libri. La scrittura è qui di grande virtuosismo e complessità e ricchissima invenzioni timbriche. In Evocación, il primo brano del ciclo, la distanza tra l’autore e la “sua” Spagna è non solo geografica, ma anche temporale: egli rimanda a suggestioni antiche, irreali, vivibili solo in uno sfumato, nostalgico ricordo. Evocación non si riferisce ad una specifica regione spagnola, ma, con l’uso di ritmi di danza appartenenti a diverse aree iberiche (fandango, malagueña, jota) sembra voler abbracciare insieme l’identità dell’intera patria. El Puerto rievoca l’atmosfera movimentata e pulsante del porto di Santa Maria, vicino Cadice, con ritmi di Zapateado (danza tradizionale in 6/8) e tinte vivaci. El Corpus en Sevilla è ispirato alla colorita festa del Corpus Domini, di cui descrive la tradizionale processione, accompagnata da lontani rintocchi di campane e chitarre flamenco. Rondeña è un canto tipico della città di Ronda, qui liberamente reinterpretato da Albéniz; in Almeria affiorano tracce di siguiriyas, un particolare tipo di ritmo flamenco; il secondo libro si chiude con Triana, che rimanda all’omonimo quartiere gitano di Siviglia, animato dai suoni flamenco di chitarre, nacchere e battiti di mani, con danze Sevillanas e marce di toreri. El Albaicin è invece il quartiere gitano di Granada, e anche qui percepiamo la presenza di chitarre, il cui timbro è evocato con la peculiare gestualità delle mani alternate. Il clima malinconico e fatalistico è dato dalle armonie cromatiche e dalla presenza costante di un motivo ritmico ostinato. El Polo è un canto flamenco che qui dà vita ad una pulsazione ritmica ancora incessante e ossessiva. Lavapies, caratteristico quartiere povero di Madrid, presenta continue dissonanze che rendono la debordante confusione delle sue strade con un ritmo di habanera. Il quarto e ultimo libro comprende Malaga, Jerez e Eritaña. Il primo brano è basato sulla danza tipica di Malaga, la Malagueña; Jerez evoca le atmosfere dell’omonima città dell’Andalusia con insoliti cambiamenti di ritmo che accentuano la precaria malinconia del canto. Il ciclo si chiude con le pungenti dissonanze di Eritaña, ambientato a Siviglia, nella festosa locanda flamenco Venta Eritaña. Nonostante gli accurati riferimenti al patrimonio folclorico iberico, in Iberia la Spagna è evocata solo nel ricordo, nel sogno, nell’intima idealizzazione di un mondo ormai lontano dal reale. Forse per questo la musica di Albéniz è diventata un simbolo d’identità nazionale per gli spagnoli: perché qui possono riscoprire un mondo di suggestioni antiche e idealizzate che appartiene alla loro storia e che non sarebbe altrimenti rievocabile.
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